Quando parliamo di Canchanchara ci immergiamo nella più profonda tradizione del bere tropicale.
Siamo a Cuba e ci riferiamo ad una miscelazione atavica che ancor prima di essere uno dei cocktail cubani più conosciuti era un modo di bere semplice, funzionale e spirituale.
La storia della miscelazione cubana è atipica rispetto a molte altre isole del rum, questo per una commistione di culture alcoliche diverse che hanno prodotto una miscelazione singolare, se vogliamo moderna, che viaggia parallela a quella tradizionale.
In riferimento ai cocktail cubani siamo in presenza quindi di preparazioni diametralmente opposte sia culturalmente sia tecnicamente, abbiamo contemporaneamente drink come il Cuba Libre e allo stesso tempo l’antichissima Pina Fria o Pina Colada e delle differenze importanti in merito al distillato quindi tra ron ligiero e aguardiente.
Così allo stesso modo si sente spesso parlare spesso di Canchanchara come preparazione antenata al Daiquiri, probabilmente per l’attinenza della ricetta attuale a quella del drink cubano più famoso di sempre.
Premetto che non sono particolarmente in accordo e cercherò di spiegare il perchè ripercorrendo la storia del di questo noto cocktail.
Ricetta Canchanchara
3/4 oz succo fresco di lime
3/4 oz di honey mix o aguamiel
2 oz aguardiente/rum cubano
Tecnica: stir and strain
Servizio: tazza Canchanchara 22 cl
La ricetta classica che oggi conosciamo è molto semplice rum/aguardiente cubano, lime e aguamiel, esattamente come il Daiquiri è composto dal distillato, una parte acida e una parte dolce.
Essendo un modo di bere antico, quindi preparato senza ghiaccio, la preparazione moderna, che può essere più attinente all’origine del drink, è probabilmente oggi espressa dalla tecnica stir and strain e servito in una tazza in terracotta dalla capienza di una coppa.
Tuttavia in periodi caldi io sono solito servire la Canchanchara con ghiaccio, preparata con tecnica shake and pour e servita con lo stesso ghiaccio di preparazione all’interno di una tazza da 40 cl.
Evitando l’inutile cambio del ghiaccio con quello nuovo che, a meno che non si lavori con ghiaccio appena tirato fuori dal freezer, serve solo a diluire ulteriormente il drink.
Il drink shake and pour risulterà molto più fresco e le capacità termiche della terracotta contribuiranno a mantenere la temperatura bassa per un tempo più lungo.
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PRIMA DI ANDARE AVANTI. Questi contenuti non si trovano nei libri, sono gratuiti a disposizione di tutti e sempre lo saranno. Non sono pagato o sponsorizzato da nessuna azienda, non mi regalano prodotti. Per finanziare le ricerche, il lavoro ma anche la divulgazione stessa online ho creato una piccola startup nell'intento di produrre e vendere tazze in terracotta. Chi fosse interessato può contattarmi per avere informazioni o comprarle. Le Tazze Canchanchara ® sono protette dal marchio registrato ed è registrato anche ogni singolo modello, nella forma, nel materiale e nel disegno. Le tazze loggate Canchanchara possono essere acquistate al momento solo direttamente attraverso i miei canali ed in teoria e in pratica non potrebbero essere rivendute e riprodotte. Purtroppo oggi, in riferimento alla mia passione per la ricerca, per il bar e per la sua gente da cui è nata la mia piccola attività di libero professionista mi trovo ad essere contrastato da chi, con poca inventiva, approfitta del lavoro, dei sacrifici e delle passioni altrui esclusivamente a scopo di lucro. Persone che evidentemente non conoscono lo spirito del bar, la sua cultura, la miscelazione e tantomeno ne hanno rispetto. Persone che non danno mai niente ma che hanno interesse solo per l'aspetto del bar legato al business e non si fanno scrupoli ad appropriarsi delle idee e del lavoro di altri. I modelli praticamente uguali che si trovano in giro possono essere definiti copie e, oltre a non poter avere logo, non sono autorizzate. Con questo approfitto per ringraziare tutti quelli che da anni mi supportano, che hanno comprato le tazze e che continuano a farlo, in particolare ringrazio tutti quelli hanno letto i contenuti dei miei siti con la speranza che possa essere stato utile per loro professione, per la loro passione o per appagare una semplice curiosità.
L’attinenza con il Daiquiri
Sia la Canchanchara che il Daiquiri sono indubbiamente cocktail cubani, ovvero nati a Cuba, ma analizzando la loro storia effettivamente l’origine dei due cocktail ha radici profondamente diverse, direi opposte.
Se il primo è un modo di bere tradizionale e del popolo il Daiquiri invece, senza ripercorrere la sua storia attraverso il racconto che vede protagonista l’ingegnere americano Cox, ha origini fin da subito più attinenti alla classica funzione del cocktail moderno americano.
Quindi, indipendentemente dalla tecnica, il Daiquiri è più legato al concetto di quell’ospitalità attinente alla funzione del bar piuttosto che alla tradizione popolare.
Questo differente valore intrinseco, e in entrambi i casi importante, condiziona pesantemente l’evoluzione tecnica dei cocktail cubani in merito.
A differenza della Canchanchara, l’evoluzione tecnica del Daiquiri, che ricordo essere nato stir con zucchero grezzo, poco dopo la sua origine approda in alcuni bar frequentati dagli americani e si adatta subito alle tecniche di miscelazione che gli stessi barman statunitensi hanno portato a Cuba.
Nel suo percorso raggiungerà la sua massima espressione attraverso la più alta delle tecniche inventata da Costantino Ribalaigua, senza la quale non esisterebbe la miscelazione Tiki. (clicca per leggere).
Constante nobilita il drink tanto da renderlo ancora più affine agli esigenti palati americani che frequentavano Cuba prima dopo e durante il proibizionismo, valorizzando ancora di più il ron ligiero.
Forte della spinta pubblicitaria operata dalla famiglia Bacardi su Cuba, il Cuban Daiquiri attraverserà l’oceano per diventare il cocktail cubano più popolare negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo relegando la Canchanchara nei confini perimetrali dell’isola.
Il drink decantato dal leggendario Hemingway è ancora oggi uno dei drink più popolari al mondo, la pietra miliare della miscelazione cubana e non solo in quanto è la base tecnica per ogni barman.
C’è poco da dire, la qualità di un Daiquiri è un metro di misura della bravura di un bartender.
La cultura popolare della Canchanchara
Lontano dalle “bodeghe” americanizzate dell’Havana e da tutti bar turistici, la Canchanchara rimane invece molto ancorata alla sua origine.
Un modo di bere arcaico ad uso della popolazione contadina e ribelle, dai tempi più remoti dei Cimarrones dei boschi a quella la parte di popolazione Cubana pre-castrista che ha sempre rifiutato i posti di lavoro nei casinò gestiti dalla malavita di stirpe italo/americana ed ebrea quanto il denaro proveniente dalla United Fruit o dalle altre multinazionali americane a Cuba.
Tra storie vere e leggende si pensa che l’aguardiente della Canchanchara abbia immortalato da sempre lo spirito della ribellione, l’orgoglio di una popolazione sottomessa ma sempre sovversiva.
Distillato bevuto dal principio della storia dell’alcol a Cuba, dai tempi più antichi delle piantagioni spagnole di canna da zucchero fino ai tempi dei combattenti delle montagne che, forti degli ideali del leggendario Josè Martì, scendevano nelle città imbracciando fucili per combattere lo strapotere economico statunitense.
Tuttavia nonostante la suggestiva storia della Canchanchara, forse anche esageratamente poetica, come ho prima accennato, non sono molto d’accordo nel paragonare il drink al Daiquiri, che in effetti è un cocktail cubano, con rum cubano ma che ha tutto il sapore di una storia americana a Cuba.
Ricapitolando
A partire dai differenti concetti espressi dalle preparazioni, quindi dalla tecnica d’utilizzo, credo che i due modi bere, che oggi sono considerati veri e propri cocktail cubani, seguano percorsi diversi e direi diametralmente opposti.
Il percorso del Daiquiri nasce con l’arrivo degli americani a Cuba e segue l’iter prima accennato che ne cambia la ricetta e la tecnica. Appare da subito concettualmente inserito nel concetto più puro di cocktail che poi evolve in funzione del turismo e del business legato al rum.
D’altra parte la Canchanchara nasce invece come un modo di bere contadino e corroborante di estrazione popolare e, come tutti i modi caraibici di bere, dalla ricetta non molto definita. Mi sento dunque di affermare che il Daiquiri non sia l’evoluzione della Canchanchara.
L’aguardiente e il ron ligiero
La Canchanchara appare, da tutte le testimonianze raccolte, un drink popolare tra il “bajo pueblo” ovvero tra la popolazione povera, presente e di abituale utilizzo alla stregua dei fermentati più noti come la Chicha/Garapina o il diffusissimo Pru.
Una differenza sostanziale che contraddistingue il bere popolare parte proprio dal distillato stesso.
Non dobbiamo pensare alle preparazioni alcoliche contadine con riferimento al classico ron ligiero a cui siamo abituati.
Il rum, fin dalle prime lavorazioni più tecniche e competitive, non era certamente d’uso comune per la popolazione che invece beveva aguardiente, spesso autoprodotto, e usato come rimedio per qualsiasi necessità.
L’aguardiente diluito con acqua o in purezza era adoperato non solo dalla popolazione ma anche negli ospedali sicuramente anche dopo i primi anni del 900′. Questo distillato infatti, godeva di ampia documentazione scientifica elaborata da medici e ricercatori dell’epoca ed era un vero e proprio rimedio universale.
L’importanza dell’alcol in campo medico è testimoniata dalle prescrizioni di Draquesito (draquecito, el draque), quello che è ormai un cocktail che all’epoca era considerato un rimedio efficace contro il colera, in particolare all’Havana. Ma di questo drink ne parlerò più avanti.
La diffusione del ron cubano tra la popolazione ha trascorsi abbastanza recenti, nel passato più remoto anche l’aguardiente o guandende, come era chiamato dalle popolazione africane schiavizzate sull’isola, non era sempre disponibile ed infatti, senza mai rinunciare alla tradizionale e forte cultura alcolica, era spesso sostituito con vino di palma o il suo distillato. Offerto alle divinità spirituali afrò/cubane il guandende era presente nella vita quotidiana del popolo.
Tutte le preparazioni più popolari ed ancora oggi conosciute erano preparate con l’aguardiente.
Anche il Saoco, prima di diventare una bevanda turistica ed essere preparato con ron ligiero o brandy, era semplicemente composto da aguardiente e acqua di cocco.
Origini della Canchanchara
Altre testimonianze sull’uso dell’aguardiente tracciano anche la storia di quella che oggi è la Canchanchara.
Questa preparazione è spesso descritta come bevanda calda e non la bevanda rinfrescante che oggi conosciamo.
Qui apro una parentesi per specificare che all’epoca non esisteva ghiaccio, quindi alla stregua del Ti-Punch, aguardiente, lime e zucchero miscelati senza ghiaccio erano e ancora sono bevande rinfrescanti.
Mentre le bevande calde sono assimilabili più ai toddy, ovvero preparazioni, punch o drink bollenti, che, con le loro proprietà corroboranti erano utilizzati spesso con scopi medicali.
E’ certo che la Canchanchara fosse uno di questi punch bollenti, una preparazione a calda secondo le testimonianze e le credenze dell’epoca capace di apportare al corpo buone quantità di vitamine.
La preparazione più comune era composta da miele (aguamiel) o raspadura (zucchero grezzo) e acqua bollente in cui venivano infuse foglie di arancia o menta, a ciò veniva in fine aggiunto aguardiente spesso diluito con acqua per smorzane ulteriormente la potenza.
Ricordo che queste preparazioni non sono universali o ricette ma indicazioni variabili a seconda dei luoghi o semplicemente a discrezione di chi le preparava.
Il miele o l’aguamiel di canna da zucchero
Appurato che come ogni preparazione contadina non esistono delle ricette precise, nel caso della canchanchara una delle variabili più discusse riguarda il dolcificante utilizzato.
La questione è semplice, si utilizzava il dolcificante più immediato da reperire.
In merito alla canna da zucchero possiamo affermare che siamo lontani dai tempi in cui la canna da zucchero veniva bollita nei campi dagli schiavi, quindi il dolcificante ricavato dalla canna da zucchero non era per ebollizione ma era sicuramente raspadura. Ovvero lo zucchero incrostato nei calderoni che nelle centinaia di trapiche presenti sull’isola si utilizzavano per produrre uno zucchero grezzo, comunque uno zucchero di basso valore economico. Le rimanenze grattate dai pentoloni erano destinate alla popolazione più povera e venivano utilizzate per le preparazioni più tradizionali e contadine.
Riguardo al miele possiamo con fermezza affermare che la sua presenza sull’isola era così ampia tanto da essere uno dei principali prodotti di esportazione.
In una società prevalentemente agricola l’importanza delle api per l’impollinazione era chiaramente essenziale, a Cuba la loro presenza, oltre che per il nettare, era di particolare importanza per la produzione della cera.
Esistevano due tipo di api, quelle autoctone cubane, dette Api Criolle, delle piccole api che producevano del miele e della cera scura dal colore non propriamente attraente, un marrone molto scuro, cupo dal sapore marcato e quindi di basso pregio economico. Il miele di queste api era destinato alla popolazioni e quindi utilizzato come dolcificante nelle preparazioni tradizionali, la sua cera scusa era invece utilizzata per illuminare le case dei paesi e dei quartieri più poveri.
Le altri api erano api comuni importate dagli Stati Uniti, le api che producono lo stesso miele e la stessa cera gialla lucente che conosciamo oggi. I derivati di queste api erano esclusivamente per prodotti da esportare e, il valore economico elevato, li rendeva inaccessibili alla popolazione.
Evoluzioni e varianti della Canchanchara tradizionale
Se alla Canchanchara si aggiungeva l’aji guagao (peperoncino) prendeva il nome di Frucanga che alla fine era la stessa identica cosa della Sambumbia che però era analcolica in quanto non veniva aggiunto l’aguardiente.
La Canchanchara moderna, per intenderci quella che tutt’oggi preparano anche a Cuba, sembra invece avere più attinenza all’antico Cuba Libre che era una semplice preparazione non calda, quindi rinfrescante, fatta con aguamiel e aguardiente, la stessa preparazione era chiamata Agua de Mona se si utilizzava acqua calda in aggiunta.
L’aggiunta di zenzero all’agua de mona nel momento del servizio trasforma la preparazione nel Ponche Mambì.
Ovviamente non c’è alcuna attinenza del Cuba Libre moderno con il Cuba Libre tradizionale appena descritto.
Sebbene ho trovato numerose testimonianze, di diverse epoche, di una Canchanchara sempre preparata calda non ho mai trovato nessuna fonte che possa testimoniare una preparazione simile a quella attuale, ovvero rinfrescante.
L’idea che mi invece mi sono fatto è che, essendo Canchanchara un nome popolare, la ricetta originale si sia evoluta con questo nome in modo circoscritto a Trinidad.
A mio avviso e secondo le mie fonti è più probabile che possa essere semplicemente una singolare interpretazione del bar La Canchanchara che prima di tutti ha proposto questa preparazione come cocktail cubano ad una Cuba in realtà più turistica.
Una Cuba quindi lontana dalle battaglie per l’indipendenza del popolo ma delle quali veniva e viene enfatizzato il concetto del “cocktail bevuto dai guerrieri” attraverso questo drink.
Anche perchè, data l’attinenza del nome, sarebbe stato più logico che i combattenti bevessero più l’antico Cuba Libre prima descritto piuttosto che la Canchanchara.
Per sovrapposizioni storiche di nomi e ricette con il Cuba Libre moderno, per ovvie ragioni, e per la grande popolarità di quest’ultimo, sarebbe stato quantomeno un controsenso promuovere un drink con la Coca Cola come il drink simbolo della rivoluzione e dell’orgoglio della popolazione cubana.
In quanto il sistema ed il concetto “Coca Cola” rappresenta tutto ciò che buona parte della popolazione cubana ha combattuto da sempre e stride con l’idea dei sacrifici dei combattenti caduti in secoli di lotte per l’indipendenza e quindi con il valore dell’espressione Cuba Libre!.
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